Posizione Geografica
Via Julia Augusta, Alassio, SV
INFORMAZIONI UTILI ALASSIO
- Indirizzo uff. turismo: Palazzo Comunale, Piazza della Libertà, 3 SV ( ITALY )
- Sito web: www.alassio.eu
- Informazioni: +39 0182 64 70 27
Percorso della Via Julia Augusta

Costruita nel 13 a.C. per volere dell’Imperatore Augusto per collegare Roma alla Gallia meridionale, la via Iulia Augusta, nello splendido tratto tra Alassio e Albenga, costituisce un percorso storico naturalistico tra i più suggestivi della Liguria, di facile percorribilità e dai colori e dagli odori tipici della macchia mediterranea.
Dalla parte di Alassio, il percorso ha inizio dal Piazzale di S.Croce, dall’omonima chiesetta che vi prospetta, dal quale si gode uno straordinario panorama, che, nelle giornate più limpide, spazia fino ai monti della Toscana e della Corsica.
La chiesetta di S.Croce è menzionata per la prima volta in una bolla di papa Alessandro III del 1169, come priorato appartenente al monastero benedettino dell’isola Gallinaria. Della costruzione originaria restano l’abside e il fianco sinistro, caratterizzato dalla presenza di archetti binati separati da paraste, elementi tipici dell’architettura dei benedettini di quel periodo. Successivamente fu aggiunto il portale laterale a sesto acuto, mentre il porticato antistante risale al Cinquecento.
Per secoli l’edificio andò in rovina tanto da rimanere completamente privo di tetto, così come lo si può vedere raffigurato in alcune opere del pittore irlandese Richard West, attivo ad Alassio ad inizio Novecento.
Negli anni Settanta la chiesa fu poi restaurata e riaperta al culto. Oltrepassato un arco in pietra, che Cecil Roberts nel suo romanzo ambientato ad Alassio definì “The Portal to Paradise”, appaiono subito le immagini che accompagneranno per l’intero percorso: il mare e l’Isola Gallinara.
Nel primo tratto si domina il porto di Alassio, ricavato negli anni Cinquanta da una insenatura naturale, con la caratteristica Cappelletta eretta nel 1929 in memoria dei caduti in mare. Poche centinaia di metri e, tra la vegetazione di cipressi ed eucalipti, si raggiunge la chiesa di Sant’Anna ai Monti. La tradizione vuole che si tratti di una chiesa antichissima, addirittura edificata prima del Mille.
In realtà non ci sono ancora elementi certi sul periodo della sua fondazione, che potrebbe essere legata alla presenza di un piccolo insediamento abitato in questa zona, un anfratto assai vicino al mare, ma nello stesso tempo anche ben nascosto e riparato. La chiesa ha una forma irregolare e ha certamente subito un arretramento della facciata. Dal XVII secolo fu adibita ad uso agricolo ed altri locali furono costruiti lungo il lato a monte. Anche S.Anna fu restaurata negli anni Settanta del Novecento.
Oggi sono ancora visibili parti di affreschi di fine Quattrocento / inizio Cinquecento, intonacati dopo il Concilio di Trento, e oggi molto rovinati.
Lungo tutto il percorso ci accompagna la visione dell’inconfodibile sagoma dell’isola Gallinaria, così chiamata già dai Romani per la presenza di galline selvatiche.
Secondo la leggenda (ma gli studiosi sembrano confermarla) sull’isola riparò S.Martino, vescovo di Tours, che trovò rifugio in una grotta rivolta verso il mare aperto, che ancora oggi porta il suo nome.
L’isola, come le altre del Tirreno e del mar Ligure, ospitò probabilmente degli eremiti e successivamente vide il sorgere di una comunità monastica passata alla regola benedettina.
Tra il X e il XII secolo il monastero toccò l’apice della sua prosperità e, grazie ad importanti donazioni, acquisì cospicue proprietà non solo nel Ponente Ligure, ma anche in Francia e in Spagna.
Poi il declino e nel 1473, con la morte del’abate Carlo Del Carretto, l’abbazia venne data in commenda. Dopo quasi quattro secoli, titolo e diritti passano alla Diocesi di Albenga e nel 1866 il vescovo Raffaele Biale cedette la Gallinaria a privati. Dalla Iulia Augusta si scorge la torre cinquecentesca, fatta costruire dai genovesi.
Il palazzo padronale, più volte ampliato e rimaneggiato, ha inglobato i resti dell’antico monastero.
La chiesetta è del primo Novecento, in stile neoromanico.
Tuttora privata, l’isola è inserita dal 1989 nel sistema delle aree protette della Regione Liguria.
Dopo circa 3 km, superato un campeggio, in alcuni brevi tratti si apprezza ancora l’originale lastricato romano.
In questo punto è ancora visibile un tratto di antico selciato, caratterizzato dalla presenza dei “margines” ai lati e di tagli trasversali per lo scolo delle acque. La via Iulia Augusta prende il nome da Ottaviano Augusto, il primo imperatore romano, che la fece costruire (ma è probabile che un tracciato esistesse già prima) tra il 13 e il 12 a.C.
La strada collegava Vada Sabatia (l’odierna Vado Ligure) con la località di Arles in Provenza.
E infatti un altro breve tratto di selciato, simile a questo, è visibile presso la Mortola, al confine con la Francia.
Altri imperatori, come Adriano e Caracalla, si occuparono della manutenzione e del rifacimento della strada.
Bisogna comunque ricordare che la strada romana è stata l’unica via di comunicazione di terra che attraversava il ponente ligure fino al primo Ottocento, quando Napoleone prima e i Savoia in seguito iniziarono e completarono la strada litoranea, l’attuale via Aurelia.
E’ evidente quindi quanto numerosi devono essere stati gli interventi di manutenzione della strada nell’arco di oltre 2000 anni!
Poco oltre, ancora nel territorio comunale di Alassio, troviamo l’inizio della necropoli della romana Albingaunum, risalente al I-II sec.d.C., i cui resti accompagneranno fino al termine del tragitto.
L’edificio, indicato dagli archeologi con la lettera A, costituisce l’estrema propaggine della necropoli meridionale della città romana di Albingaunum. Si tratta di un recinto funerario, risalente alla fine del I o all’inizio del II sec. dopo Cristo, di dimensioni abbastanza rilevanti, con un basamento a gradoni verso la strada ancora ben riconoscibile nonostante i danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale. Il paramento esterno è quello tipico, in blocchetti di pietra squadrati disposti lungo file orizzontali.
Al centro vi si trovava un’ara in marmo o pietra, asportata probabilmente per riutilizzare i materiali.
Superato un ponticello, si entra nel territorio del Comune di Albenga; in basso si scorge la “Colombera”, bella dimora cinquecentesca, ora in stato di abbandono.
Percorsi altri 800 metri ecco un secondo recinto funerario (l’edificio B), anche questo rivestito di blocchetti squadrati, il cosiddetto “petit appareil”, una tecnica edilizia assai diffusa anche nella vicina Gallia. Come quello precedente si fa risalire alla fine del I sec. d.C.
Dalle prime indagini archeologiche, condotte negli anni Trenta da N.Lamboglia, fino ai giorni nostri, sono 9 gli edifici riportati alla luce, ma tutto fa pensare che dovessero essere molti di più.
Per farsi un’idea più precisa di come doveva presentarsi la Iulia Augusta nella piena epoca imperiale basta percorrere ancora un brevissimo tratto.
Qui sono ben tre gli edifici funerari allineati lungo l’asse stradale. Il primo è una tomba del tipo “a colombario”, l’unica del genere finora rinvenuta in Liguria.
Risale alla metà del I sec. d.C. Il paramento è irregolare, il cosiddetto “opus incertum”, perchè era rivestito di intonaco in polvere di marmo con decorazioni di cui restano ancora pochi brandelli. A differenza dei recinti era chiuso anche superiormente con un tetto a spioventi.
All’interno, cui si accedeva da un’apertura sul lato posteriore, sono ancor oggi ben visibili le nicchie dove venivano collocate le urne con le ceneri dei defunti.
Al colombario si adddossa il lungo muro (spesso circa tre piedi) di un altro recinto, a ridosso del quale sono state rinvenute oltre 40 sepolture, sia ad inumazione che a cremazione, rinconducibili ad un periodo che va dal I al III sec. d.C. Molte di queste tombe hanno restituito cospicui corredi funerari, ricchi di oggetti in vetro (e non solo), in parte visibili oggi nella mostra allestita a Palazzo Oddo ad Albenga.
Quasi contiguo è l’edificio B, ancora un recinto sepolcrale a pianta rettangolare, preceduto da due gradoni. Al centro della parete posteriore è ancora conservato un pinnacolo: altri dovevano esservi sugli spigoli e lungo gli altri lati.
Anche questo monumento è riconducibile alla fine del I o all’inizio del II secolo d.C. Lasciati alle spalle i monumenti funerari, si raggiunge punta S.Martino, nei pressi del “Pilone”, tomba risalente al II sec. d.C., e dell’anfiteatro romano (in proprietà privata, raggiungibili con una deviazione).
Dopo una breve discesa, oltrepassato il ponte moderno sul fiume Centa, si raggiunge Albenga con il suo centro storico e le torri medievali.
Da qui è poi possibile rientrare ad Alassio con l’autobus della TPL. In alternativa: una breve discesa conduce alla strada provinciale, attraversata la quale si trova la fermata dell’autobus della TPL per tornare ad Alassio.